C’era una volta

E siamo al secondo post in fila, quello che c’è di sbagliato nella nostra educazione eh?
Non ho nemmeno intenzione di far diventare questo post una raccolta di psicologia spicciola o di accuse sparse qui e là.
Il rischio è forte ma io voglio semplicemente chiarire una cosa: “un pero non fa mele”.

Ah, la saggezza popolare!
Cercando di essere meno criptica il concetto base è che grande percentuale di quello che siamo è da imputare all’educazione che abbiamo ricevuto. E non intendo solo scolastica.
I bambini sono come spugne: assorbono di tutto, e se lo portano avanti anche quando sono adulti.
E siccome tutti siamo stati bambini tutti abbiamo assorbito qualcosa.

Ci sarebbero tante, tantissime cose da dire, ma oggi voglio attaccare un po’ le fiabe.
Potrebbe sembrare che il discorso sia rivolto solo alle donzelle, ma il concetto secondo me si applica anche ai maschietti.

Le fiabe, quelle che conosciamo noi ora, ci insegnano soltanto ad essere gentili e sottomesse, e che se speriamo abbastanza forte allora la nostra fata madrina – che ci era stata predestinata – ci fa belle bellissime e ci trova un principe che venga a salvarci e migliorare la nostra vita.
Tradotto: non fare nulla e stai ad aspettare che qualcun altro ti risolva i casini, perchè è il matrimonio la massima aspirazione di una donna (e quindi sforna dei marmocchi e occupati del tuo principe con senso di eterna gratitudine tipo geisha…)
Cosa insegna ai maschietti? Che se hai un regno, un titolo e un bell’aspetto, tutto quello che devi fare è innamorarti perdutamente a vita solo vedendo UNA volta una bella ragazza, essere eroico e salvarla dai guai.
Tradotto: devi fare soldi, un sacco, e devi avere un bell’aspetto perchè l’unico tuo scopo nella vita è vivere per fare soldi, poi trovarti una moglie (una donna qualsiasi va bene, basta che sia bella, non c’è bisogno di conoscerla) che ti serva con senso di eterna gratitudine tipo geisha.

MA STIAMO SCHERZANDO???

Ho sempre pensato di essere l’unica a vederla così, e immaginarmi finali alternativi alle fiabe… Biancaneve avrebbe aperto un agriturismo coi Nani, Aurora sarebbe diventata stilista (certi episodi di vestiti cangianti ti segnano), Cenerentola avrebbe studiato legge e oltre a riprendersi la casa e l’eredità paterna avrebbe anche difeso altre donne da soprusi simili, e via discorrendo…
Ho scoperto di non essere l’unica, Sarah Von fra l’altro ha fatto di meglio e ha pure studiato degli abiti un po’ più moderni di trini e merletti.

Ma sto divagando… il punto della questione è questo: anche se ci hanno insegnato qualcosa, anche se ci hanno educati in un certo modo e di conseguenza siamo fatti in quel certo modo, possiamo cambiare.

Cosa serve: onestà con se stessi e fegato per cambiare.

Il fegato è quello che a volte mi manca, ma poi mi basta pensare all’irritazione che mi prende quando sento parlare di ciò che “si fa” o “si dice” perchè “è così”, e allora mi viene ancora più voglia di cambiare quello che alla fine è semplicemente un assetto mentale. In fondo chi ha detto cosa? E perchè IO non posso dire ciò che va bene per me?

Se scegliamo di non fare le pecore, se scegliamo di non sperare per sempre nell’ombra che qualcuno si accorga dei nostri poteri magici e compia il nostro destino al posto nostro, se scegliamo di rimboccarci le maniche e darci da fare allora… le cose cambiano!

Lo so, sembra la fiera delle banalità, ma è qui che entra in gioco l’onestà con se stessi: noi siamo i primi a dirci balle, a non voler vedere come stanno le cose perchè abbiamo raggiunto una specie di equilibrio in cui cerchiamo di essere contenti.
Ma io sono convinta che ci sia un guadagno maggiore a rischiare qualcosa (che cosa? il “si dice”? lo rischio volentieri due volte!).
E’ ancora la sagra dell’ovvio e addirittura il festival dell’acqua calda, ma ci sono cose che vanno dette e ripetute in tutte le salse possibili, perchè prima o poi le nostre orecchie troveranno quella più adatta a loro… e soprattutto perchè ormai ho imparato (a suon di batoste) che spesso il modo migliore per nascondere qualcosa è lasciarlo in piena luce.

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