Donare il sangue

Che non è un modo di dire. L’ho fatto!
L’ho finalmente fatto sul serio.

Anni fa (più o meno dieci) ero andata a fare tutti i test e gli esami, ero risultata idonea e poi…
Poi potrei dirvi che ho fatto un piercing e ho dovuto aspettare, poi m’è venuta l’influenza e ho dovuto aspettare, poi avevo preso altri farmaci e avevo dovuto aspettare…
La vera verità è che poi m’era venuta fifa e non ero mai andata a donare il sangue.

Però m’è rimasto il pallino (chiedete a mia mamma, vi intratterrà un pomeriggio intero con aneddoti sulla mia infanzia testarda).

A dire il vero il mio è 0 negativo

A dire il vero il mio è 0 negativo, type 0 negative, come la band, ho anche il sangue metallaro, tsk!

Così quest’anno ho deciso di riprovare, a luglio ho rifatto tutti gli esami, sono di nuovo risultata idonea e il primo settembre ho fatto la mia prima donazione.
Aferesi, piastrine.

Ora lasciate che vi racconti tutto, facciamo così, una prima parte per spiegarvi il “cosa” tecnico, una seconda parte con foto obbrobriose e scandalosi dettagli in prima persona per chi ha un po’ il gusto dell’orrido, lo stomaco forte e la curiosità morbosa. Yeee, ce n’è sempre per tutti qui!

Parte uno.

Ecco come funziona, per lo meno per l’AVIS di Pavia.
Telefonate, prenotate una visita.
Alla prima visita vi fanno compilare un questionario, vi fanno una visita medica (altezza, peso, pressione, elettrocardiogramma, auscultazione dei polmoni, intervistina d’anamnesi e storia clinica familiare) e un prelievo del sangue.
Poi vi mandano i risultati degli esami del sangue a casa, con scritto chiaro e tondo se potete donare oppure no.
Sul mio c’era scritto “Può donare. Solo aferesi” (che significa che non posso donare il sangue intero ma solo gli emocomponenti).
Piccola nota: non so se funziona così in tutta Italia, ma spero proprio di sì, se dopo gli esami (in un arco di tempo di credo sei mesi) non andate a fare neanche una donazione, vi recapiteranno a casa la fattura per pagare gli esami del sangue che vi hanno fatto, questo perché troppa gente approfittava degli esami del sangue gratuiti senza dare nulla in cambio. Queste cose costano, sono a carico del servizio nazionale, non è che ve lo regalano, è giusto -se non avete intenzione di donare- pagare una visita medica normale. Comunque, proseguiamo!
Una volta ricevuti gli esiti telefonate di nuovo e prenotate una donazione.

Se avessi potuto donare sangue intero sarei anche potuta andare a donare senza dover prenotare, alla sede dell’Avis, il primo e il terzo weekend del mese. Nel resto del tempo c’è da prenotare.
Dovendo fare l’aferesi io devo comunque prenotare la donazione, perché devo farla al policlinico, al centro trasfusioni, dove hanno i macchinari (comunque secondo me prenotare è meglio: sai che non farai una coda infinita e che saranno lì tutti per te ^_^).

Ed ecco come funziona il giorno della donazione (tranquilli, niente dettagli stomachevoli).
Vi presentate, a digiuno, all’orario stabilito, vi registrate in segreteria e aspettate il vostro turno.
Vi chiamano, vi fanno un piccolo esame del sangue per vedere che proprio il giorno della donazione non abbiate niente in ballo che possa sconsigliare la procedura.
Poi, almeno questo succede a Pavia, vi danno gentilmente la chiavetta per i distributori automatici e andate a fare colazione (io adoro la cioccolata delle macchinette, lo so… ma mi piace!).
Dopodiché compilate un questionario (quello dei viaggi all’estero, la dedizione all’alcol e il comportamento promiscuo) e aspettate di nuovo il vostro turno (devono arrivare i risultati dell’esame del sangue appena fatto).
E poi vi portano a fare la donazione in sé.

Ultima tranche di informazioni prima di andare nei dettagli crudi 😛

Chi dona sangue intero, stando a quanto si legge su internet, se la cava con quindici venti minuti di prelievo.
Chi, come me, dona solo emocomponenti si deve aspettare un trattamento un po’ più lungo.
Su internet si legge che la donazione di plasma dura circa un’ora e la donazione di piastrine più di un’ora. Sono tempi indicativi, dipendono da tantissimi fattori, ma tendenzialmente l’arco temporale è quello.
La dottoressa che c’era m’ha raccontato che ci sono procedure che durano anche ore…

Finita la donazione vi fanno rimanere seduti a riposarvi quanto volete e poi vi danno di nuovo la chiavetta dei distributori automatici per fare una meritata seconda colazione hobbit.

C’era poi un altro dottore che forse m’ha visto pallida e ha pensato fossi spaventata e s’è premurato di spiegarmi un sacco di cose (non che fossi tranquillissima, ma la mia è la mia solita faccia) cioè che le donazioni ormai sono personalizzate, cioè nel computer del macchinario a cui vi attaccano inseriscono i vostri dati (nome, età, peso, valori dell’esame del sangue appena fatto) ed è la macchina a stabilire quanto prelievo può fare (per, ovviamente, lasciarvi uscire sulle vostre gambe!) e tiene in memoria le vostre donazioni precedenti.
Mentre la decisione di cosa donare la fa il medico in base ai vostri valori, i valori della macchina e le necessità della “banca del sangue”.

Parte 2

Passiamo ai dettagli osceni!!! Yeeee!!!
Se avete lo stomaco debole o vi impressionate a sentir parlare di questi argomenti… saltate pure alla fine… ohi, io vi ho avvertiti!

Sappiate che in genere, ai prelievi del sangue, non mi piace guardare, quando iniziano ad armeggiare con siringhe e aghi io guardo i disegnini dei bambini appesi al muro e dico “Mi scusi ma non guardo”.

Comunque, arriva il mio primo turno, mi siedo (hanno poltrone spaziali! Piene di appoggi e tubicini e brrrr…), la dottoressa inizia a guardarmi le vene, riporto il dialogo senza troppo commentario se no si perde il suo sapore
“Mmm vediamo un po’ queste vene… eh… sono piccoline!”
“All’altra visita mi avevano detto di dirvi quale braccio era meglio… forse il destro… non ricordo, mi scusi!”
“Ma sì, tranquilla, non è che non ci sono… è che sono piccole… chissà se reggeranno alla pressione della macchina”
“Su… non mi dica così!!!” (aaaargh, panicopanicopanico, urla interiori!!!)
“Eh, dobbiamo vedere… Comunque ora il prelievo te lo farò sul polso, potrebbe farti un po’ male”
“Va bene… non guardo”
PORCOCANEMISTAPRELEVANDOILMIDOLLOOCOSA???
“Male?”
“Un pochino” (stoica, sii stoica! E fatti passare la smorfia di dolore dalla faccia, che ti vengono le rughe!)

Mammasaura che male!!! Comunque poi posso andare a fare colazione e non c’è niente che un quintale di cioccolato non sistemi.

Tocca di nuovo a me, non so come sono riuscita a non pensare alla frase della dottoressa “Chissà se le mie vene reggeranno” e non farmi filmini di scene splatter, sono tutto sommato nervosa ma abbastanza sicura che andrà tutto bene.

Mi fanno sedere, arriva il dottore gentile che mi spiega tutte le cose tecniche, intanto armeggia con aghi eccetera
“Mi scusi, la ascolto ma non guardo se non le dispiace”
“Tranquilla”
L’ago non lo sento neanche.
La dottoressa poi passa a spiegarmi come funziona l’aferesi e il macchinario a cui sono attaccata: dallo stesso ago mi prelevano il sangue, la macchina lo lavora e poi mi reinfonde il sangue trattato, insieme a un pochino di sostanza anticoagulante.
Questa sostanza potrebbe farmi sentire un po’ di formicolio al naso o alla bocca, se così dovesse essere li chiamo e mi danno qualcos’altro (c’entrano robe di calcio, sostanze, reazioni chimiche… abbiate pazienza, ho studiato filosofia).
Mi dice di tenere il braccio dritto e fermo, di controllare sul monitor della macchina che, durante la fase di prelievo, la pressione della vena non scenda troppo, se così fosse devo schiacciare l’antistress che mi hanno dato in mano (la mano del braccio attaccato ai tubi ovviamente), un simpatico cuoricino verde.
Mentre nella fase di ritorno del sangue non devo far niente.
Mi mette una bottiglia d’acqua di fianco e mi sconsiglia di leggere il libro che mi ero portata perché “Le prime volte può venir la nausea”.

Guardo il mio monitor, guardo il mio braccio, ho un tubicino rosso che scompare nel macchinario… e il monitor dice 51 minuti.
Tempo un paio di minuti e realizzo che quella è la durata del trattamento… oh beh… peccato non poter leggere…

C’è un piccolo televisore a tubo catodico, appollaiato sopra un armadietto di metallo, che trasmette vecchie glorie anni ottanta, il volume è basso, tutte le altre macchine ronzano, un po’ monotono ma almeno sono comoda.
Oh guarda, prima fase di ritorno…
Eeeeeehi cos’è questa cosa fredda che mi si dirama su per il braccio, fiiiiiico sento il sangue freddo!

Prelievo. Ritorno. Prelievo. Ritorno. “Come va?” “Bene”. Prelievo (schiaccia il cuoricino, schiaccia il cuoricino!). Ritorno.
Messaggini.
Prelievo. Ritorno.
“Come va?” “Bene”

Uuuuuuhhh guarda com’è lontano il corridoio che va nell’altra stanza…
“Come va?”
“Bene”
Berrò un po’… cheppalle… quant’è passato? Cheppalle.
Guaaaaarda, che strano, ho un ago infilato in braccio e un tubicino tutto rosso e non mi fa impressione guardarlo.

Sarà fame o mi formicola la pancia?
“Come va?”
“Bene”
Però aveva parlato di formicolio alle labbra o al naso… sarà fame.

Prelievo. Ritorno. Come va bene. Prelievoritornocomevabene.
Io mi faccio una foto… zia vuoi vedere la foto? Ma anche no! Papà vuoi vedere la foto? Ma anche no! Sa vuoi vedere la foto? Perché si vede? BECCATI LA FOTO! Ah-ah! Ce l’ho fatta.
Mi sa che mi sto rincoglionendo un po’ troppo.
“Come va?”
“Mi formicola la pancia, è normale?”
“Aspetta che ti faccio l’iniezione di vasodilatatore”
Olé, un altro buco.
E invece no, inserisce nell’apposita appendice del tubicino un siringone che porcocane…
“Potresti sentire caldo”
“Magari!”
Anticoagulante, vasodilatatore… se mi taglio con la carta oggi muoio dissanguata…

blood2

In questa foto potete ammirare l’antistress a forma di cuoricino verde e quella cannuccia che chiamano ago infilata nella mia vena :)

Prelievo. Ritorno. “Come va?” “Mi gira un po’ la testa ma vabbeh” (Stoica, sii stoica).
Siamo a metà della donazione.
Bellooo non ti passa piùùù te la seivooolutatuuuu. Revival 883.

Messaggini, cazzeggio col cellulare, bevo un po’, mi gira la testa, mi sa che adesso appoggio il testino allo schienale e sto qui buonabuona a farmi i muscoli a schiacciare il cuoricino verde…

Oh guaaaarda… i tubicini finiscono in una scatoletta trasparente.
Prelievo, guarda come si riempie in fretta! Quello è il mio sangue? Cavoli, esce a una velocità impressionante!!!
Ritorno, che schiumetta che fa… mah…
Oh, e quel sacchetto devono essere le mie piastrine!
Maddaaaai! Sono giallognolo trasparente! Esplorando il corpo umano ha mentito, non sono piastrelline tonde con gli arti diametrali!
Esiste diametrali?
Ahi… mi fa male il polso dove hanno fatto il prelievo. Ahio!

blood1

Qui potete ammirare il Monotono Monitor e, se guardate bene, la scatolina di sangue, yeee!!!

Uh, fine! Ho finito!
“Reinfusione, 52 minuti”
EH??? Spero tanto abbia sbagliato il pc!
Ha sbagliato il pc.
Mi stubano “Tutto bene? Stai lì finché vuoi e poi vai a fare colazione, fai con calma”
Viadiquistobenissimomialzosubito.
No magari aspetto che il corridoio sia meno lungo e ondeggiante.

Ok, colazione, coooolaaaazioooneeee… altra cioccolata delle macchinette, se il professor Lupin dice che fa bene a Harry Potter andrà bene anche per me che sono una comune babbana.

“Sei contenta della donazione?” chiede Sa
“Te lo dirò quando mi passa”

Conclusione

La donazione in sé non è nè divertente nè piacevole, ma non fa assolutamente male (a parte il prelievo dal polso, quello ha fatto un sacco male anche per un paio di giorni dopo), mi azzarderei quasi a dire che il giramento di testa è fin gradevole… Insomma, lo rifarò senza problemi e la prossima volta sarò sicuramente più tranquilla (e magari potrò anche leggere).
Soprattutto sarebbe molto importante che tutti provassimo a donare almeno una volta: le banche del sangue sono sempre piuttosto a secco…

Ma soprattutto concedetemi una considerazione: dopo averlo fatto mi sono sentita rivolgere un sacco di complimenti… a partire da medici e infermieri/e presenti là, che mi hanno salutata con tanti grazie, i miei amici che mi hanno detto che ho fatto una cosa bellissima, che sono stata coraggiosa…
A me sembrava di aver fatto una cosa normalissima, niente di che a dire il vero… sì, sono stata seduta a fare un prelievo, sai che roba… In fondo uno dona il sangue perché vuole fare una cosa utile per gli altri, senza voler assolutamente nulla in cambio…
Però sentirmi dire che sono stata coraggiosa m’ha fatto piacere, m’è entato in testa… ormai mi sento come se potessi fare qualunque cosa…
Si usa ancora l’espressione “rito di passaggio”? Ecco, per me è stato un rito di passaggio… inaspettato, realizzato solo a posteriori… ma mi sento bene :)

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