Il mio grosso grasso matrimonio italo-spagnolo 8: le bomboniere

Benvenuti a un nuovo capitolo del mio GGMIS.
Pronti a fronteggiare nuovo horror?

La bomboniera. Sì, proprio lei, la bomboniera!
Agglomerato di mandorle iperglicemiche, fiori finti e raso di mille colori, pronta a tirarvi le caviglie la notte e fissarvi inquietante dalla credenza in cucina.

bomboniera1

Per citare Gandalf: “Fuggite. Sciocchi!”

Affinché voi comprendiate appieno la situazione della bomboniera nella famiglia di Euforilla dovete sapere che, cadeva l’anno 1980 d.C., in occasione del matrimonio dei miei genitori (e a detta di mio fratello io e lui abbiamo assistito guardandoli dalla nuvoletta su cui ancora ci trovavamo) mia madre s’è opposta con tutte le sue forze, ma con scarsi risultati, alla presenza di bomboniere al suo matrimonio.
La spuntò la mia bisnonna, grazie alla frase “Beh nonna, se ci tieni falle tu, io non ne ho la minima intenzione”.
La bisnonna, in quanto capostipite della cocciutaggine tipica delle donne di questa famiglia, ovviamente si adoperò per farle.
E gli invitati ricevettero le loro bomboniere (credo siano scatolini semiquadrati di ceramica bianca con bordino dorato… ma non vorrei dir cazzate, dalla nuvoletta non si vedeva poi così bene).

Flashforward di 33 anni, i consuoceri italiani vanno a Salamanca per la prima volta a conoscere finalmente i consuoceri spagnoli.
Non mi preoccupo, io li ho già conosciuti e sono persone tranquillissime.
So già che mamma si farà capire parlando a un volume distorto, gesticolando e aggiungendo S a caso (più o meno come farà la mamma della sposa, solo togliendo S a caso) e so che papà si lancerà in quel poco di spagnolo che è riuscito a imparare in un paio di mesi, di fatto sommergendo il papà della sposa di chiacchiere.
Ovviamente i futuri sposini saranno al centro di un fuoco incrociato a fare da interpreti, non solo di lingue ma anche di usanze.

Non li ho invidiati proprio per niente!

Comunque, in un turbinio d’esaltazione mamma, prima di partire, compra una bomboniera a caso “Tanto per fargliela vedere no? Così conoscono un po’ anche delle nostre usanze”.
Se la regola numero uno in un matrimonio è “mai contraddire la sposa”, la regola numero tre è “mai contraddire la mamma dello sposo internazionale” (la due suppongo sia “Mai contraddire la mamma della sposa”; mi sembra una conseguenza logica).

Tutto sommato le bomboniere piacciono (strano perché in spagna i confetti si mangiano a Natale… a me farebbe parecchio ridere vedere dei panettoni a un matrimonio, ma comunque!) e incontrano alla perfezione l’usanza spagnola di fare un regalino agli ospiti.
Insomma, invitati io ve lo dico: invece di una saponetta artigianale sappiate che riceverete dei confetti. Ohi, almeno si mangiano!

Mamma, che da quando ha iniziato a fare yoga si è ammorbidita (non solo muscolarmente, ma di carattere), si offre non solo di regalare le bomboniere agli sposi, ma soprattutto di occuparsene qui in Italia.
Il che significa “Cri, tu che hai senso artistico, vieni che mi dai una mano”.
Scopre una onlus che fa bomboniere e devolve il ricavato in beneficenza, bene, due piccioni con una fava.
Ma attenzione!
Arriva il campione del colore dalla spagna. Un gomitolone di lana di una tinta esattamente in equilibrio fra il rosa confetto e il lilla puro. Malva? No! Glicine? Nemmeno! Rosa scuro? Assolutamente no! Viola non molto carico? Non ci siamo. (Il contributo di papà “Ma non avevano detto come le ortensie?” “Eh, sì” “E questo non è rosa?” “No” “Ok, sto zitto”).

Non si trova, il nastro di quel colore non si trova, eppure abbiamo girato le mercerie di mezza provincia. Sembra che quel colore esista solo in Spagna.
“Però la mia collega mi ha dato l’indirizzo di un posto sopra Milano…”
Per chi non fosse della zona, da Pavia a “sopra Milano” potrebbe sembrare una cosa da poco, ma da fare in un pomeriggio, per una cosa come un nastrino di raso, è un’impresa epica che solo Tolkien potrebbe raccontare.

Passiamo allora al piano B: inviare foto di bomboniere disponibili, ma bianche, classiche.
Non piacciono. Per spiegarvelo con le parole di zia C. “No, no, brutta, sembra un cavolfiore, orribile, orrenda, oddio ma cos’è?, no, no, cavolfiore, cavolfiore, na… fammi rivedere? na, cavolfiore. Ma che brutte!!!”

Mamma sembra rassegnata a trascinarmi con sé in quell’impresa epica a nord di Milano, quei luoghi mistici e semi irreali, dove nascono le nebbie.

Sondo allora un pochino il terreno “Mmmaaaa… perché non siamo più tornati dove avevi preso la prima d’esempio, che fra l’altro non costava nulla?”
“Ma perché è lontano, non c’ho voglia di arrivare fino là”
“Mamma… in un pomeriggio abbiamo girato mezza provincia, dentro e fuori dalla macchina continuamente, in chilometri avremo sicuramente fatto più strada…”
“Effettivamente non hai tutti i torti!”

No, lo so, non mi avete fatta studiare per niente!

Fortunatamente arriva un sms dagli sposi “Torniamo alla prima opzione che ci avevate portato”.
Ovvero, mamma, papà ed io torniamo nel primissimo posto, quello lontano ma in fondo non poi così lontano.
Però le bomboniere fatte come quelle prese a quattro mesi prima sono finite.
Ma non mi dire?!

Girovaghiamo un po’ sconsolati fra tavoli pieni di bomboniere in esposizione. Da semplici sacchettini di stoffa con dentro i dolcetti si passa a regali più impegnativi, melegrane d’argento coi brillantini colorati, rose in porcellana giallo crema e bordi dei petali glitterati d’oro, un grappolo d’uva in vetro di murano a dimensione naturale che io pensavo fosse parte dell’allestimento invece viene scelto e regalato.
Inorridisco, ho paura, ho freddo, queste cose mi guardano e mi minacciano di invadermi casa. Penso all’inutilità, allo spreco di soldi, alla polvere che ci si accumula sopra, rabbrividisco vistosamente (o almeno credo).

bomboniera2

La commessa però viene a salvarci, apre l’armadio dei nastri di raso (sì, un armadio intero, la crafter dentro di me ha un sussulto) e, udite udite, c’è un rosalilla della stessa esatta tonalità del colore che vogliono gli sposi.
È fatta, ne prepara una in stile primissima bomboniera vista, faccio una foto, la mando allo sposo via whatzapp.
Il telefono non prende.
I miei genitori ordinano duecento (non è un numero a caso) bomboniere, scelgono il bigliettino, scelgono il carattere, scelgono la lingua in cui scrivere (una E invece di una Y, suvvia, che male può fare?).
Tre ore dopo arriva la risposta dello sposo “Aspettate a ordinare, devo farle vedere”.
“Troppo tardi, già commissionate”
“Eh, allora speriamo che piacciano alla sposa”
Speriamo sì, speriamo tutti quanti coi ditini incrociati.
Io incrocio stretto perché non ho voglia di girare l’altra metà della provincia, sto ancora tremando al pensiero di quegli angioletti obesi in terracotta dipinta.

La sposa dice sì.
È festa grande, le bomboniere sono salve.

Ma lontano, nel buio, i tappi da champagne in argento e cristallo luccicano cupamente nel buio, aspettano, aspettano la tua ora, aspettano il momento di venire a romperti i coglioni sulla credenza in cucina, aspettano di potersi piazzare lì e non andarsene più come le zecche sulle capre, perché se non tieni fuori la bomboniera che ti hanno regalato sei proprio un maleducato. Loro aspettano, luccicano e potresti giurare di vederli sogghignare quei cazzo di cagnolini di coccio smaltato.

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Un pensiero su “Il mio grosso grasso matrimonio italo-spagnolo 8: le bomboniere

  1. yliharma

    dio le bomboniere…che incubo!!!!! schiere di figurine di porcellana sbeccate e aggeggini argentati che mi guardano dalla temuta “vetrinetta”…come ti capisco!! ma non ho capito se alla fine trattasi di un sacchettino con i confetti o di qualcosa di più “oggettoso”…

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