Il mio grosso grasso matrimonio italo-spagnolo 4: la caccia all’abito (parte 2 di 4)

Parte due di quattro: Uno Studio In Rosa Biscotto

Noi organizziamo spedizioni punitive di sei donne, dai 10 agli 80’anni, in tutti (e quando dico tutti credetemi che sono davvero tutti) i negozi di abiti da cerimonia raggiungibili con un massimo di un’ora di automobile.
Quando arriviamo le commesse sbiancano, le crinoline friggono, le paillettes si offuscano un po’.

Io avrei delle obiezioni da fare sulla colonna di sinistra... per l'appunto!

Io avrei delle obiezioni da fare sulla colonna di sinistra… per l’appunto!

E i miei piedi soffrono “Prova questo! Uh guarda quello! Tata l’hai visto questo? Tata l’hai visto quello? Tata e quello là? Tata questo ti piace? Tata questo qui invece? Tata questo qua guardalo!

Io ODIO andare per negozi.
Ecco, l’ho detto.

Se io devo comprare qualcosa mi faccio un bel quadretto mentale, vado, vedo e vinco (se vinco, se no torno a mani vuote). Di certo non sto a spulciare ogni singolo appendino su ogni singolo espositore… eppure…

Eppure trovo un modo per non soffrire troppo del fatto che non ho il potere della smaterializzazione, ovvero: provo gli abiti più improbabili (e se no quando mi ricapita???).
Tipo un insieme blu reale di tulle e raso e brillantini di plastica, monospalla con quattro o cinque balze corte sulle ginocchia e lunghe a strascico dietro.
‘na roba che neanche Dallas!!!
Tipo un tubino di chiffon e raso fuchsia tutto svolazzante con ritorno di suddetti brillantini di plastica tutto intorno alla vita e una stola lunga come la navata di Windsor.
Tipo improbabili abiti semirigidi che mi fanno sembrare una busta da ufficio.
Tipo estrosità ritrovate dalle commesse che mi fanno sembrare un cadavere ripescato dal fiume dopo due settimane (stesso colore della pelle e tante cose pendule).
Tipo cose che sembrano un chewingum masticato da Barbie.

No, non sono impietosa, è solo che ho le idee molto chiare quando si tratta di quello che mi devo mettere. Lo so, ho un futuro nel giornalismo di moda…

Raggiungiamo comunque un apparente lieto fine (sto creando suspence, come dicono i corsi di scrittura creativa): la cuginetta E. si butta e prende un abito sul sito trovato dalle zie, verde, pieno di fiocchi e paillettes, la sua immaginazione già sfreccia verso scarpe col tacco, orecchini e tocado, incurante dei veti parentali; la zia L. -con una delle sue proverbiali botte di culo- trova non uno ma due abiti di Dolce&Gabbana a un prezzo stracciato (e quando dico stracciato dico che un buon paio di scarpe vi costa di più) in un negozio vicino casa; la nonna trova non uno ma due abiti blu fra cui decidere, fatti proprio come li vuole lei (resti celebre la frase “Potrei anche rimettere l’abito che avevo al matrimonio di tua mamma, ma quest’anno non vanno di moda le gonne a pieghe”, wow nonna, non sapevo ti tenessi aggiornata!!!).

Ancora orfane di abito zia C., mamma ed io entriamo.in.ogni.singolo.negozio.di.Serravalle.
Giuro che non è un modo di dire, li abbiamo fatti tutti.
Più di una volta.
Sono tornata a casa che pareva fossi andata a lavorare in fonderia, ‘ste cose mi devastano.
Zia C. ha un colpo di fulmine per un abito arancione (di Versace se non ricordo male). Così facendo non si risparmia la presa per il culo sempiterna: io e mio fratello ancora ci ricordiamo un agghiacciante tailleur arancione che ha messo un sacco fra gli anni ottanta e novanta. Ah, le recidive!
Mamma si prende bene con un abito di Moschino, purtroppo non c’è se non in un improbabile color rosa confetto… Però la commessa si illumina e le porta un altro abito, la convinciamo a provarlo, la convinciamo a prenderlo perché le sta veramente benissimo.

Al telefono.
Papà “Di che colore è?”
Zia C. “Rosa biscotto” (mia zia la senti al telefono anche se non ha in mano il ricevitore)
Papà, sottovoce “Cri”
“eh?”
Papà “Ma che razza di colore è il rosa biscotto???”
“un rosa un po’ scuro, tipo…”
Papà “E non si può dire rosa scuro?”
“evidentemente no…”

Io torno a casa a mani vuote, perché sono una rompiballe. Mi rimane in mente però un bellissimo abito di Missoni, purtroppo è viola e il viola porta jella ai matrimoni, a quanto pare…

Raccontiamo allo sposo, che vive al sicuro lontano da qui, di queste interminabili peripezie.
Dice “Ma a dire il vero qui il viola si usa”.

(continua… eccome se continua, dopo st’uscita dello sposo!!!)

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6 pensieri su “Il mio grosso grasso matrimonio italo-spagnolo 4: la caccia all’abito (parte 2 di 4)

  1. ziaC

    Eccome se continua …. l’improbabile vestito arancione della zia è in ballottaggio con un insieme blu che salta fuori da solo dai meandri dell’armadio della suddetta …. quindi caralamiaragazza preparati …tremate…tremate…le zie son tornate!!!!!!

  2. ziaC

    macerto!!!! che ti credevi di passare inosservata?
    proprio a me che scrivevo commenti sul diario segretissimo ed imboscatissimo della n°3
    cmq ti sorprenderò con la mia new entry,
    ……….miacararagazza preparati ad una nuova serata prove
    (p.s. e adesso come lo dico alla n°1 ???????)

    scusa ma il disegnino comparso sul mio messaggio mi è stato assegnato come quando andavo all’asilo ? tra l’altro non mi piace quello di Ale è più bello
    lo voglio cambiare !!!!!

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