Dieci Sesti 12 aprile 2007

La prima volta che la vidi la scambiai per una bambina, stesa all’ombra di un salice piangente, i piedi nudi appoggiati al tronco.
Conservo questo fermo immagine da allora, ma credo di averlo arricchito col tempo: la luce che filtrava dai rami si rifletteva sui cristalli dell’abito, le mani erano intente ad intrecciare nastri e margherite nei capelli o a giocare col filo di perle e i cammei che portava al collo.
Mancavano farfalle in volo e suono di campanellini d’argento per convincermi di essere finito dritto dritto nei Campi Elisi.

alabaster

Mi avvicinai lentamente ma facendo rumore, non volevo si spaventasse
“Ciao bimba” dissi, rendendomi finalmente conto di non essere di fronte a una bambina “vorrei farti una foto… un ritratto istantaneo”
Ancora oggi mi chiedo cosa mi spinse a dire una frase tanto maniacale, ma lei “Vuoi forse rubarmi l’anima?” rispose, seria.
Io sarei stato felice di rubarle l’anima, rubarle quegli occhi neri e millenari, tenerli solo per me, ma non risposi. Poi lei rise e i suoi occhi mi sembrarono chiari, un gioco di luci che non smise mai di affascinarmi.
Riuscii solo a dire “Mi ricordi l’Infanta Imperatrice, solo che non sei… infanta”
“E allora dammi un nuovo nome e sarò in tuo potere” sorrise, letale.
“Non vuoi sapere il mio vero nome?” le domandai
“Sei così sicuro di conoscerlo? Te ne libereresti così facilmente?”

Era tutto così surreale che accettarlo era la cosa più spontanea che potessi fare… divenni la peggior Volpe, ammaestrata dal miglior Piccolo Principe.

°°°

Ogni tramonto era buono per tornare là, e trovarla eternamente uguale nel mutamento.
Mi offriva thé e frutti di bosco, e parlavamo, per ore, conversazioni senza capo né coda, ma che mi lasciavano ogni volta con qualche ovvietà in meno. A dire il vero lei non parlava molto, più che altro se ne usciva con frasi strane “Non ho mai nascosto di essere stata creata diversa, costruita distorta… l’altro giorno ho avvertito l’Inverno, e ho avuto voglia di Autunno”.

Poi un giorno la trovai con la schiena appoggiata al tronco, fissandosi le mani.
“Mi hanno rubato il thé alla paranoia” disse senza aspettare la mia domanda, col volto di una mia vecchia conoscenza.
“Quello che prendevamo io e te?” Io e Te, insieme, nella stessa frase per la prima volta… rotolava sui denti col sapore dell’ineluttabile.
Annuì, stanca.
“Mi drogavi?”
“E’ questa la tua domanda? Comunque ora se lo sono portato via”
“Chi?”
In risposta mi mostrò una scatoletta di legno intagliato, con una luna in madreperla nel centro del coperchio. La presi e la aprii, conteneva un mazzo di Tarocchi ingiallito, dall’aria consunta. La guardai, non capivo.
“E’ ora che tu mi faccia qualche domanda”

°°°

Richiusi la scatolina.
“Che cosa dovrei chiederti?”
“Se vuoi certe risposte devi imparare a fare le domande giuste”
“E risponderai con questi?” chiesi muovendo la scatola che ancora avevo in mano
“No, quello è ciò che di solito gli altri vogliono da me…”
Gli altri… ero sotto shock, altri, altri l’avevano vista, conosciuta, ci avevano parlato, con lei… lei… mia. Per la prima volta ebbi il sospetto che tutto fosse reale, mortale. Dovevo sapere
“Loro vengono qui?” come osavano profanare il nostro posto?
“No, questa è la mia Arcadia personale, dove sono io ad evitare loro e non loro ad evitare me”
“Loro cosa ti chiedono?”
“Chiedono alle carte, non chiedono a me. Non vogliono sapere cosa so io, per questo voglio che sia tu a farlo… un po’ come vincermi l’anima alle giostre” aggiunse piano, abbassando gli occhi. Non fosse stata così pallida avrei giurato di vederla arrossire.
“E tu cosa sai di loro?”
“E’ come se andassero in giro nudi, reclamando attenzioni, ma poi si lamentassero degli sguardi… bisognerebbe imparare ad imparare dalle fiabe.
“Ne ho visti tanti di imperatori coi vestiti nuovi, per le strade, il peggio però è quando l’abito se lo cuciono da soli, forse per un po’ riescono ad abbagliare qualcuno, ma alla fine rimangono sempre nudi fuori perchè sono vuoti dentro…”
Dopo qualche minuto di silenzio le chiesi se tutto questo centrasse qualcosa con lei, se non potesse semplicemente lasciarli perdere.
“Loro vogliono le mie carte, ma poi cercano di mentire, mi assalgono con le loro emozioni e i loro sentimenti. Vogliono che dica solo ciò che vogliono sentirsi dire, ma io non posso farlo. E se parlo a bassa voce schiacceranno le mie parole, alterandole, se parlo ad alta voce rinnegheranno ciò che sentono.
“Salvo poi tornare indietro, mesti, perchè scoprono che avevo ragione e sperano che prendendo un pezzetto di me, rispecchiandosi in me, la loro vita possa riempirsi, i loro vestiti possano diventare reali, migliori.
“Non tutti sono così, ma loro lasciano i segni più grossi. E quindi mi rifugio qui per mondarmi da tutto ciò.
“Capisci?”
Capivo che era un peso enorme per quella creatura, che le costava fatica parlare, e soprattutto parlare di questo.
Indicai il vasetto d’alabastro vuoto, quello del the. “Quello centra qualcosa?”
“Sì, lo bevo per librarmi al di sopra di tutto… ma ora che l’han preso io sono schiacciata a terra mentre loro ingrassano le loro paranoie col mio the.
“Vedi, c’è uno strano gusto, nella natura umana, di sentirsi parte di una storia narrata da altri, perseguitati dagli eventi; e di non tollerare negli altri i propri difetti.”
“Anche tu?” mi sarebbe veramente servito saperla di natura umana
“E anche tu, tutti quanti… la chiave è saperlo e farsi domande.”
Chiuse gli occhi, pensavo dormisse, le misi il gatto in braccio e feci per andarmene
“Non mi hai ancora fatto le domande giuste”
“Un’altra volta” risposi piano

Stupido.
Come potevo sapere che non l’avrei più rivista?

Sono seduto qui da non so quanto, mi accorgo che il tempo è passato solo perchè i cubetti di ghiaccio nel mio bicchiere si sono tutti sciolti.
Seduto qui al suo posto, riappoggio la testa al tronco e ritrovo i pensieri, esattamente lì dove li avevo lasciati.
Non avrei voluto, ma un piccolo ricordo innesca una reazione a catena, e mi perdo in stralci di conversazione e macchie di frutta.
“Pesco ricordi e rispolvero memorie… è come trovare all’improvviso un vecchio giocattolo o una soluzione” diceva lei…
“Ora attento, osserva il gatto” mi disse un pomeriggio “sta lì acquattato, convinto che nessuno possa vederlo perchè è lui il primo a non vedere nessuno che lo guardi… ma non va così… io lo vedo”
Non va così no… io non ti vedo, ma tu? Tu mi hai visto il giorno che son tornato qui e tu non c’eri? Mi hai visto quando mi son sentito anima e corpo strappati in due come un pezzo di carta?

Lancio il bicchiere lontano e guardo quello che c’era dentro descrivere una curva iridescente nel buio.
E sto a fissare il punto in cui penso sia caduto… finchè non è il punto a fissare me, due agate tonde: il gatto!
Scatto in piedi ma poi freno e poi ricomincio a correre, voglio arrivare là il prima possibile ma non voglio farlo scappare. Eppure lui mi guarda tranquillo, consapevole, e mi fa strada, e in silenzio urlo grazie dentro di me quando mi porta dove avrei voluto essere già da tempo.
Da lei.

°°°

Malata, a letto, lo spettacolo era triste quanto solenne. Diafana sarebbe stato il termine corretto, respirava lieve e ogni battito la scuoteva fino a farla tremare.

“Lascia che le mie mani riconoscano il tuo volto, così quando non ci sarai sembrerà loro di poterti afferrare” allungò le braccia, i palmi venati di blu mi s’avvicinavano, e solo lì mi resi conto che mai, fino a quel momento neanche per sbaglio, ci eravamo sfiorati.
Le dita erano gelide, ma ferme.
“Cosa vuoi che ti chieda” dissi con le sue mani sugli occhi
“Quello che vuoi davvero sapere, chiedimi di noi”
Noi, puro, semplice, balsamo per l’anima inettato con un coltello dolce.

“Non ti lascerò più” riuscii a dire, quando le sue mani m’abbandonarono “prometto”.
“Non promettere, le promesse sono fatte per essere infrante”

“E allora ti chiedo di noi… cosa sai?”
“So che tutto finisce, so che tutto questo è stato un errore, fin dal principio. E non so più se sono stata io a creare te, o se sei stato tu a creare me”
Non riuscivo più ad ascoltare.
Troppo impegnato a capire da dove arrivasse il vuoto che all’improvviso avevo dentro.
°°°

“Tu mi hai insegnato che ogni fine è un inizio, quindi io sarò qui nel cambiamento, per sopravvivere insieme ad ogni piccola morte. Sarà anche stato un errore, ma sono stato libero di crearmi queste catene.
“E forse poi la vita non è che una serie di errori che a volte si incastrano fra loro?”
Non le avevo mai parlato così aggressivamente, ma quel vuoto dentro doveva sparire
“Volevo vedere l’uomo farsi cavaliere e combattere” rispose lei, sorridendo, di nuovo letale.
“Allora come posso aiutarti?”
“Ah, ora sì che hai imparato a fare le domande giuste! Devi solo ascoltarmi guardandomi negli occhi, per una volta devo essere io a stare da questa parte. Raccogli le mie paure, raccoglimi chè mi lascio andare.”
Avrei fatto qualunque cosa, e mentre la guardavo e l’ascoltavo, sentivo il vasetto d’alabastro riempirsi.

Non so quanto avremo vita ancora, se tutto un giorno scoppierà come una bolla di sapone, ma per ora abbiamo thé a sufficienza, e cercherò di non correre per non inciampare e rompere il vasetto.

Articoli correlati

Lascia un Commento

Post Correlati